Confessioni

IL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE
La vita cristiana, per sua natura, esige una continuo cambiamento personale e comunitario, per rendere la propria vita sempre più orientata a Gesù Cristo. Chi crede nel Cristo Risorto cerca costantemente di impostare e verificare la propria vita su di lui. Data la debolezza umana, il credente, alla luce della Parola di Dio, cerca anche di prendere piena coscienza del proprio peccato e di fare la meravigliosa esperienza della misericordia del Padre. In questo cammino di ricerca e conversione trova la sua vera dimensione il Sacramento della Riconciliazione, quale incontro con Dio Padre che perdona e salva, che libera e dona nuove possibilità.
La mancanza di questo stretto legame tra cammino di fede e Sacramento della Riconciliazione, ossia il non misurarsi con la Parola e la misericordia di Dio, nella consapevolezza che il Signore perdona e salva chi, veramente pentito, intende avviare una nuova vita, è una delle cause di quella che viene chiamata “la crisi della confessione”. A questo, possiamo aggiungere anche il fatto che la colpa è prevalentemente percepita solo come incoerenza umana, come ostacolo alla realizzazione di se stessi, e non come peccato in rapporto a Dio ed alla comunità, come una impostazione errata della propria vita o di qualche specifica azione, che produce conseguenze dirette o indirette su noi stessi e sugli altri.
In molti casi, si rischia addirittura di ridurre la Confessione a momento d’incontro amichevole, a colloquio dalla dimensione unicamente umana, con accenti di sfogo prevalentemente psicologico. Il Sacramento, più che nella sua dimensione salvifica, è visto e vissuto come una mera conversazione, senza arrivare mai alla sua essenza, ed il confessore viene sovente ritenuto una persona alla quale fare riferimento sul piano umano, una persona che può ascoltare e dare dei consigli, ma non colui al quale rivolgersi per chiedere il perdono di Dio, in virtù del sacramento dell’ordine da lui ricevuto e della comunione ecclesiale. N’è prova il fatto che non poche persone, dopo le parole esortative e di speranza del confessore, fanno il gesto di alzarsi senza aspettare l’assoluzione, dando così l’impressione che per loro tutto consista nel colloquio, mettendo così in secondo piano le realtà che sono invece essenziali per il sacramento: il pentimento per il peccato commesso e l’assoluzione.
Molta responsabilità, ovviamente, deve essere attribuita a noi confessori, per non aiutare il penitente, con costanza, saggezza e determinazione, a differenziare il momento del colloquio, e dell’accompagnamento spirituale dal momento della celebrazione del Sacramento, che è incontro intimo e profondo con Dio nella comunità. “Cristo ha istituito il sacramento della Penitenza per tutti i membri peccatori della sua Chiesa”, ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica (1446). Come ricorda che “Il peccato è anzitutto offesa a Dio, rottura della comunione con lui. Nello stesso tempo esso attenta alla comunione con la Chiesa” (1440) e che “Quelli che si accostano al sacramento della Penitenza ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui e insieme si riconciliano con la Chiesa” (1422).
Se non vogliamo limitarsi ad una vita religiosa fatta di pratiche e vuota di senso, che alla fine conduce solo a sperimentarne la sterilità e l’inconsistenza facendoci percepire tutto come un “inganno”, ma intendiamo camminare davvero sulla via della conversione, ritrovando il vero senso delle cose e per una vita che sia sempre più conforme a Cristo, dobbiamo aiutarci a vicenda, anche insegnando gli uni agli altri che non è una buona confessione quella che facciamo solo per “devozione” o che si limita a lasciare più sereni psicologicamente, ma non ci fa fare la formidabile esperienza dell’amore e della misericordia di Dio; che non è un buon confessore, il sacerdote che, pur accogliente e disponibile all’ascolto, non aiuta il penitente all’autentico discernimento e a trovare in Dio e nel suo perdono l’essenza del Sacramento.
RITO PER LA RICONCILIAZIONE
DEI SINGOLI PENITENTI
Nel nome del Padre e del Figlio
e dello Spirito Santo. Amen.
Il sacerdote invita il penitente alla fiducia in Dio, con queste parole o altre simili:
Il Signore,
che illumina con la fede i nostri cuori,
ti dia una vera conoscenza dei tuoi peccati
e della sua misericordia.
Il penitente risponde: Amen.
LETTURA DELLA PAROLA DI DIO
Il sacerdote, secondo l'opportunità, legge o dice a memoria qualche testo della sacra Scrittura, in cui si parla della misericordia di Dio e viene rivolto all'uomo l'invito a convertirsi.
Guardiamo con fede a Gesù Cristo Signore, crocifisso per i nostri peccati e risorto per la nostra salvezza:.
Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti (Isaia 53, 4-6).
CONFESSIONE DEI PECCATI e ACCETTAZIONE DELLA SODDISFAZIONE
Il penitente premette, se d'uso, una formula di confessione generale e poi confessa i suoi peccati. Il sacerdote aiuta, se necessario, il penitente a fare una confessione integra, gli rivolge consigli adatti e lo esorta alla contrizione dei suoi peccati, ricordandogli che per mezzo del sacramento della Penitenza il cristiano muore e risorge con Cristo, e viene così rinnovato nel mistero pasquale. Gli propone quindi un esercizio penitenziale, e il penitente l'accetta in soddisfazione dei suoi peccati e per l'emendamento della sua vita. Il sacerdote procuri di adattarsi in tutto, sia nelle parole che nei consigli, alla condizione del penitente.
PREGHIERA DEL PENITENTE e ASSOLUZIONE
Il sacerdote invita il penitente a manifestare la sua contrizione; e il penitente lo fa recitando l'atto di dolore o qualche altra formula simile, per esempio:
Mio Dio, mi pento e mi dolgo
con tutto il cuore dei miei peccati,
perché peccando ho meritato i tuoi castighi,
e molto più perché ho offeso te,
infinitamente buono
e degno di essere amato sopra ogni cosa.
Propongo col tuo santo aiuto
di non offenderti mai più
e di fuggire le occasioni prossime di peccato.
Signore, misericordia, perdonami.
Il sacerdote tenendo stese le mani (o almeno la mano destra) sul capo del penitente, dice:
Dio, Padre di misericordia,
che ha riconciliato a sé il mondo
nella morte e risurrezione del suo Figlio,
e ha effuso lo Spirito Santo
per la remissione dei peccati,
ti conceda, mediante il ministero della Chiesa,
il perdono e la pace.
E io ti assolvo dai tuoi peccati
nel nome del Padre e del Figlio
e dello Spirito Santo.
Il penitente risponde: Amen.
Dopo l'assoluzione il sacerdote prosegue:
Lodiamo il Signore perché è buono.
Il penitente conclude:
Eterna è la sua misericordia.
Quindi il sacerdote congeda il penitente riconciliato, dicendo:
Il Signore ha perdonato i tuoi peccati.
Và in pace.